Antonio Canepa. Inevitabile: dalle ricorrenze non si può scappare

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Fra i tanti (tantissimi articoli) pubblicati nel corso degli anni sulla tragica fine del professore/guerrigliero Antonio Canepa – ancora oggi volutamente ritenuta “misteriosa”  –  ripubblichiamo quello apparso su “la Voce dell’Isola” il 16 giugno del 2019. Il titolo e l’incipit crediamo che sia quello più rispondente all’attualità: Inevitabile: dalle ricorrenze non si può scappare.

di Salvo Barbagallo

Inevitabile: dalle ricorrenze non si può scappare, non ci sono vie di fuga. E pur tuttavia chi preferisce “ignorare” l’ha sempre vinta e chi “ricorda” resta una sparuta minoranza alla quale difficilmente si dà voce. È così per tutte le ricorrenze: alcune si trasformano in ipocrite “celebrazioni” strumentalizzate dalla politica di turno, altre (poche, in verità) in momenti che riportano a galla memorie sepolte, “scomode” (molto scomode) anche quando sono trascorsi decenni e decenni. In quest’ultima “categoria” rientra l’anniversario dell’uccisione del professore Antonio Canepa e dei giovani Carmelo Rosano e Giuseppe Lo Giudice, il 17 giugno del 1945 in “quel” di Randazzo.

Abbiamo cercato di approfondire nel corso degli anni la tragica vicenda, scrivendo libri (Una Rivoluzione Mancata, L’Avvenire che non venne, Anatomia di una strage,  Antonio Canepa Ultimo Atto, l’Uccisione di Antonio Canepa) e tanti, tanti articoli. Le denunce del misfatto, avanzate nel tempo, sono servite a ben poco, così come (dovremmo dire “purtroppo”?) le rituali visite/tributo di “nostalgici” nel luogo del “presunto” eccidio. C’è ancora chi spera in un “avvenire” che può “venire”, un “avvenire” per ridare dignità alla Sicilia che, magari, può essere conquistato. Di certo realtà impossibile, se ci si affida alla politica e ai politicanti che questa Terra oggi esprime: a (quasi) tutti i protagonisti della scena Siciliana non interessa il “caso Canepa”, una storia che (ritengono) non fa storia. Eppure, se “qualcosa” si vuol cambiare, è necessario (ri)partire da Antonio Canepa perché (secondo noi) è da quella macabra e vile “esecuzione” che il destino della Sicilia mutò radicalmente.

Forse si dovrebbero analizzare con un’altra ottica i “fatti” di quegli anni turbolenti; forse si dovrebbe considerare Antonio Canepa non come un “mito”, ma come un protagonista che ha rappresentato qualcosa di sconosciuto, con una “valenza” probabilmente “superiore” a quella fino ad oggi attribuitagli. Insomma, forse ora si dovrebbe approfondire ciò che Canepa ha veramente rappresentato, partendo da presupposti “diversi”. Un lavoro che potrebbe condurre a ipotesi sconvolgenti sulle reali ragioni che portarono alla sua eliminazione.

ANNIVERSARIO SCOMODO: 17 GIUGMO 1945, L’UCCISIONE DI ANTONIO CANEPA 

Antonio Canepa aveva 37 anni, quando venne ucciso insieme ad altri due suoi compagni (molto più giovani, Carmelo Rosano e Giuseppe Lo Giudice) in circostanze oscure, e venne seppellito accanto ai suoi compagni in segreto lontano dal luogo dove aveva perso la vita, nella nuda terra di un cimitero. Sulle tombe improvvisate non vennero poste né croci, né nomi. E lì rimasero fino a quando anni dopo i resti dei loro corpi non vennero riesumati e trasportati in un altro cimitero, dove tutt’ora si trovano all’interno di una tomba monumentale in un Viale dedicato agli Uomini Illustri.

Antonio Canepa, Carmelo Rosano e Giuseppe Lo Giudice ufficialmente morirono all’alba del 17 giugno del 1945 nel corso di un dichiarato ma sicuramente solo “presunto”conflitto a fuoco con i carabinieri alle porte di Randazzo. Canepa era il capo dell’Evis, Rosano e Lo Giudice due militanti dellEsercito Volontario per l’Indipendenza Siciliana: dopo decenni trascorsi la “verità” sulla loro fine non è stata detta e, probabilmente, non sarà mai svelata. Oggi cade l’anniversario di una vicenda che ha dato una svolta non solo alla Sicilia: un anniversario scomodo che viene ignorato sistematicamente da chi ha governato e governa il Paese, ricordato soltanto da sparuti gruppi Sicilianisti.

La verità su quanto si verificò quel giorno è stata occultata sotto una montagne di menzogne.

Antonio Canepa – definito decenni dopo la sua morte il “professore guerrigliero” – predicava da anni l’indipendenza della Sicilia, da quando era passato al servizio di Sua Maestà Britannica per combattere nazisti e fascisti, e la sua attività nella Resistenza siciliana dette risultati apprezzabili. E Canepa stava al servizio di sua Maestà, ha affermato un testimone, perché in cambio delle sue prestazioni di sabotatore, a guerra conclusa, la Gran Bretagna avrebbe favorito l’indipendenza dell’Isola. I patti è notorio che quasi mai vengono rispettati: e a quel punto la via della guerriglia, per Canepa, era l’unica che potesse essere seguita. Nacque l’EVIS, alimentato da giovani idealisti (ma anche infiltrati, come nelle migliori tradizioni).

E a quel punto qualcuno (o molti nei piani alti dove si decidono le cose oscure del nostro Paese) si pose il problema di come estirpare la pianta prima che diventasse albero dalle profonde radici.

Chi è stato a decretare la fine di Antonio Canepa?

Di certo la dinamica del conflitto non è stata quella descritta dai protagonisti.

Canepa come protagonista principale della prima strage di Stato repubblicana? Meglio. Una prova generale di quello che, qualche anno dopo, sarebbe stato il capolavoro che portò alla fine di tutte le velleità indipendentistiche siciliane: la fine di Salvatore Giuliano, eseguita con una metodologia che conferma uno stile che, ciclicamente, si è ripresentato nel tempo, sino ai giorni nostri. Una strategia che i servizi segreti (noti e ignoti) in molti casi hanno applicato. Nella vita del nostro Paese non ci sono misteri, ma (semplicemente e amaramente) verità che vengono nascoste.

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